Che Cos’è la Native Advertising? È un contenuto sponsorizzato promosso e visualizzato all’interno dei contenuti offerti al lettori. A differenza della pubblicità tradizionale che ha l’obiettivo di “distrarre” il lettore dal contenuto in modo da comunicare il messaggio, la Native Advertising ha l’obiettivo di “immergere” la pubblicità all’interno del contesto.
Infatti la progettazione e realizzazione di campagne pubblicitarie native, non hanno lo scopo di attrarre solo l’attenzione dell’utente, ma desidera creare un vero e proprio engagement.
La Native Advertising ha come caratteristica fondamentale quella di non essere interruttiva per gli utenti in quanto il messaggio pubblicitario assume le stesse sembianze del contenuto diventandone parte, con l’obiettivo di catturare l’interesse dei lettori.
“Il Native advertising fa riferimento ad annunci a pagamento coerenti con il contenuto della pagina, con il design e il comportamento della piattaforma in cui sono ospitati, in modo che l’utente li percepisca semplicemente come parte di essa”
Se un utente legge il testo di una pagina web, significa che è interessando all’argomento; allo stesso modo lo sarà anche verso la pubblicità, se questa ne è parte integrante. Tale tecnica pubblicitaria fonde il contenuto e i messaggi pubblicitari all’interno del contesto editoriale in cui vengono collocati, e si distingue dal pubbliredazionale grazie all’esplicitazione dell’inserzionista.
Le principali forme di Native Advertising che siamo abituati a vedere ogni giorno sono ad esempio i True View di Youtube, i Tweet sponsorizzati e i post sponsorizzati di Facebook.
Dan Greenberg, CEO di Sharethrough descrive la Native Advertising come “un tipo di media integrato nel design e dove gli annunci pubblicitari sono parte del contenuto”. Secondo Ian Schafer, CEO di Deep Focus, la Native Advertising è una nuova versione degli advertorial, ovvero “pubblicità che sfrutta una piattaforma nel modo in cui questa viene usata dagli utenti”.
Il branded content conquisterà sempre più spazio nell’aiutare le aziende a vendere in modo innovativo i loro prodotti o servizi, e i siti ospitanti a trovare finalmente una fonte di revenue interessante ed innovativa. Questo modello metterà a dura prova la capacità del lettore di riuscire a distinguere i contenuti editoriali da quelli pubblicitari, «ammesso che questa separazione a loro importi ancora».
La Native Advertising nasce conseguentemente al dilagare del fenomeno definito “banner blindness“, ovvero della cosiddetta “cecità da banner“.
Una persona abituata ad utilizzare abitualmente Internet ha una maggior capacità di identificare gli spazi pubblicitari contenuti nelle pagine web: tale sempre maggiore conoscenza dello strumento permette loro di sviluppare una sorta di indifferenza nei confronti della pubblicità, rendendola completamente inefficace.
Dai recenti studi la banner blindness risulta un fenomeno sempre più grave e gli inserzionisti sono alla costante ricerca di nuove forme di pubblicità che possano stimolare effettivamente l’interesse del proprio target.
La Native Advertising permette proprio di bypassare tale problematica, immergendo il contenuto sponsorizzato all’interno del contenuto editoriale ed aumentando di conseguenza la reach del messaggio. Sono tanti i brand che stanno iniziando a deviare i propri investimenti dai classici annunci PPC (Pay Per Click) verso la promozione all’interno degli stream dei contenuti più prestigiosi, ovvero dove l’attenzione degli utenti è massima e quindi l’engagement è più favorevole.